ANNO 2003
18 e 19 Gennaio 2003.
Sono arrivata al CCU Airport sabato mattina. Ho incontrato Marco all’aeroporto di Dakka, stavo andando a sedermi per aspettare l’aereo, mi sento chiamare. Toh! Marco, una coincidenza; era da prima di Natale che non lo sentivo e guarda caso proprio a Dakka ci si trova, anche lui diretto a CCU, con in tasca le sterline guadagnate a Londra a fare il lavapiatti. Prendiamo insieme l’aereo per Calcutta, ormai sono le venti, e’ buio pesto. Saremo al CCU alle 21, poi altra mezz’ora per i bagagli, di sicuro non troviamo piu’ posto da nessuna parte, ci conviene aspettare domani (Sabato) per arrivare a Calcutta. Detto fatto ci sediamo nella sala d’aspetto dell’aeroporto di DumDum e…aspettiamo che il tempo passi… Voglio far sapere che sono finalmente arrivata ma a quell’ora (21 in India e 16:30 in Italia) chi trovo? Allora chiamo Mara, sperando di trovarla ed infatti c’e’. Risponde Francesco che mi da’ subito la brutta notizia di Rossella. Non so piu’ cosa dire, tremo e non riesco a parlare, che colpo! Cosa fare? Di qua non posso aiutare nessuno, non so come e cosa fare. Io sono li’, su quei divani sporchi di DumDum, ma il mio pensiero e’ a Lessolo. Mi sento li’ con anima e corpo a condividere la loro sofferenza. Penso a Rossella, cosi’ disponibile, piena di buona volonta’, le avevo spiegato tutto, mi fido di lei, sono andata via tranquilla, ed invece non so se domani ci sara’ ancora.
Le ore passano ed alle 4 e 15 del sabato mattina decidiamo di partire in taxi per Monica House. Il taxista ha di sicuro la TBC, ha una tosse che sembra debba vomitare l’anima, ogni tanto apre il finestrino e sputa. Conosce a memoria tutti i vicoletti della citta’, e’ come se fosse la prima volta, un colpo allo stomaco, voglia di vomitare, un nodo alla gola. E’ Calcutta, qualcuno e’ gia’ in giro, cominciano per le strade ad accendersi i fuocherelli, eccoci a Monica House; e’ ancora chiuso, allora pensiamo di andare a Mother House, dove alle 6 ci sara’ la messa. Comincio a vedere volti noti, Fabio, Lorenzo, poi arriva Teresa, e’ contenta che siamo arrivati. Ci dice che a Monica House c’e’ posto, ci andiamo per i primi giorni, poi cercheremo qualcosa che costi decisamente poco. Sono due giorni che non chiudo occhio, sono stanchissima ma molto tesa, penso a Rossella. Poi mi lavo, mi metto a letto e dormo ininterrottamente fino alla mattina dopo (domenica mattina). Mi hanno detto che la notte russavo, mi hanno chiamata, scossa e poi finalmente mi sono girata su un fianco ed ho continuato a dormire in silenzio. Una notte agitata, piena di pensieri, incubi, sono lontana, non posso aiutare, vorrei sapere, avere notizie su come si evolve la situazione. Spero, prego, piango. Sono tutti molto buoni con me, mi chiedono sempre novita'; Marco mi ha detto “ se devi andare via, lavorero’ io di piu’, faro’ anche la tua parte”. Che rabbia con quest’email, non ricevo nulla, ho gia’ speso 30 rs per niente.
Non avere notizie e’ brutto, soprattutto in questa situazione.
Dopo colazione subito a Kaligath. Entro, mi sembra di non essere mai andata via; e’ tutto pieno, grida di dolore, lamenti, pianti, hanno gia’ cominciato a fare i bagni, tante piangono perche’ non vogliono lavarsi, c’e’ tanta tenerezza a Kaligath, sembrano tutti bambini indifesi, lavarli, pulirli, pettinarli, imboccarli, prenderli in braccio per riportarli nel proprio letto, coprirli con quelle coperte brutte, accarezzarli, dargli le pillole e stare li’ vicina, attenta a che non le butti via. Che bel regalo e’ questo per me!
Accarezzare ed ungere quelle pelli secche che si squamano, quelle gambette scheletriche, quegli occhi nerissimi, con gli orecchini al naso e nei lobi dell’ orecchio, gli anelli nelle dita dei piedi, i braccialetti, gli amuleti al braccio, gente abituata a vivere sui marciapiedi, ce ne e’ una che sembra reciti come un’attrice e poi, all’improvviso, ride a squarciagola poi smette di colpo e si guarda intorno, con gli occhi cattivi e sbarrati. Un’altra urla a squarciagola perchè l’hanno legata, seduta su una sedia, altrimenti impiastrava tutto di cibo e di escrementi. Un’altra, che ho deciso di aiutare io ogni giorno, sembra un uccellino, ha sempre la bocca aperta, perchè io possa infilarle dentro il cibo con un cucchiaino, lei non ha la forza ne’ di masticare, ne’ di alzare la mano per portarla alla bocca. C’è una ragazzina giovanissima, avra’ tredici anni, ha tanto mal di testa, vuole che le massaggi forte forte la testa. Piange, ha perso il bambino che aspettava. Si avvolge attorno alla testa una coperta e piange, piange e non vuole mangiare. Un’altra mi sorride ogni volta che passo, io le vado vicino, faccio per rimboccarle la coperta, ha solo mezza gamba. Un’altra e’ uno scheletro, deve avere i polmoni intasati, ha sempre la bocca aperta e respira con naso e bocca. Ha la TBC. Tutte che sputano dove capita e noi cerchiamo di pulire con la prima cosa che capita tra le mani. Alle 10 c’è la messa, c’è un prete americano che parla dell’unita’ delle chiese, su Kaligath, su tutti quei poveri cristi, neanche un accenno.
A Calcutta c’è Domenique LaPierre, quello che ha scritto La citta’ della gioia. Ho sentito dire che era all’Oberoi, il piu’ famoso ristorante di Calcutta, dove un pasto ti costa sulle 40.000 lire. Mi sembra un contro senso, proprio lui che ha descritto cosi’ bene questa realta’, lui all’Oberoi e tutti i poveri fuori a chiedere un pugno di riso. Boh!
A mezzogiorno mangiamo a Kaligath, come tutte le domeniche poi al pomeriggio vado ad Howrah; siccome non so bene come andranno le cose, se partito’ o restero’, preferisco portare subito i soldi ad Howrah, ed anche i regalini per i bambini. Prendo il bus fino ad Howrah station, poi li’ cambio e prendo per Kidderpen Wather house. E’ un’impresa per via delle quattro pesanti borse che mi devo portare dietro. I bus sono stracarichi, ho una fifa che freghino i soldi…non vedo l’ora di arrivare.
Suor Molly non c’è, tornera’ solo martedi’ mattina dal Bihar, quindi martedi’ in giornata di nuovo ad Howrah. I bambini mi riconoscono, mi fanno festa, e quando tiro fuori dalla borsa i regalini vari, e’ un assalto vero e proprio. In un attimo sul tavolo non c’è piu’ niente, le due suorine che li guardano non hanno assolutamente nessuna autorita’ su di loro. Sono tutti bambini raccolti nella stazione, con una prontezza e un’abilita’ che solo loro hanno. Le suore li sanno tenere solo se accendono la tv.
Continua….