I diari di Mariuccia - febbraio 2001
 Pubblicato il 29 marzo 2010 

 

ANNO 2001

1 Febbraio 2001.

Sto male, tutta la notte di corsa al cesso, diarrea fulminante. Sono stati i pomodori, eppure li avevo lavati con l’acqua minerale. Basta anche con i pomodori. Nausea, non parliamo poi passare per le strade piene di odori di spezie e di fritto. Mi sono spostata in un posto piu’ vicino. E’ una specie di dormitorio. Ho una sete terribile, dicono che si puo’ bere l’acqua delle bottiglie perche’ e’ bollita, non mi fido molto. Ho preso due pastiglie per bloccare la diarrea. Speriamo in bene. Marco e’ nel dormitorio degli uomini, e’ proprio sfinito. Lui vomita ed ha la diarrea da tre giorni. Oggi prendera’ gli antibiotici. Ma tutti dicono che a Calcutta e’ cosi’ per tutti, poi passa. Qui il giorno di riposo e’ il giovedi’, cioe’ oggi. Se ce la faccio il pomeriggio esco a prendere i francobolli per le cartoline. Guardo la foto di Mao e Gabriel. E’ un miracolo della natura. Troppo bello, io faccio un figlio, questo cresce e poi ne fa uno lui, e la vita continua, io invecchio e Gabriel cresce. Che bello!

Penso a Loretta, sono sicura che gli vuole bene e cosi’ qui in India, tanto lontana da casa sono tranquilla perche’ ormai si e’ fatto una famiglia. Poi sono anche sicura perche’ per qualsiasi problema possiamo fare riferimento a Renato. E’ il nostro pilastro. Mi chiedo se ha senso che io stia qui per cosi’ lungo tempo, forse serve piu’ a me che a loro, serve a me, per ricordarmi, ovunque giro gli occhi, che c’e’ chi sta peggio, chi non ha niente, per condividere un po’, un pezzettino della loro vita, per poter tornare e dire a tutti gli amici quello che c’e’ qui, penso sia peggio viverlo davvero, che leggerlo sul libro.

Ieri, per esempio, mi chiedevo:” se verranno MARA e Silvana, dove potrei farle alloggiare?” E’ molto diverso venire cosi’ come sono venuta questa volta, dalla volta scorsa; allora avevamo le suore alle spalle, eravamo piu’ sicure; cosi’ no, e’ tutto molto precario, spendo circa 10.000 rs al giorno, qualche giorno meno, per esempio in questi giorni spendo solo per bere e niente per mangiare. Adesso mi metto sul letto perche’ ho di nuovo il vomito. Le lenzuola non ci sono, glielo ho chiesto, me ne ha dato uno tutto bucato da sigarette, meglio che niente. I materassi e i cuscini hanno certi colori! Fa niente, ho scelto io di venire e va bene cosi’.

Sono le 9,15 di sera, sono appena rientrata. Abbiamo mangiato un ciapati ( qui lo chiamano “roti”). Sono in un dormitorio un po’ isolata dal dormitorio dove ci sono gli altri, sono sola nel camerone, forse (speriamo) domani ne verranno altri. N on ci sono porte, c’e’ solo una griglia di ferro spessa a maglie intrecciate; avvicino le due griglie, chiudo con una catena e un lucchetto. Speriamo in bene, non sono molto tranquilla, perche’ isolata, ma adesso vado a letto e cerco di addormentarmi. Per fortuna si e’ bloccata la diarrea. Sono andata in farmacia con un altro ragazzo per comperare degli antibiotici per lui. Li ha ordinati al banco, il ragazzo ha gridato ad alta voce il nome e dal piano di sopra li hanno mandati giu’ in un cestino. A quello che comprava prima di noi glieli hanno lanciati. E’ tutto da vedere, si rimane allibiti per tutto. E’ un continuo formicolio di gente, mangiano tutti, l’olio o burro che sia cola dalle mani, mangiano riso soffiato, frittelle, polpette, involtini di capra allo spiedo, insalate tritate finissime miste, dolci con il miele e con sopra le mosche. C’e’ nell’aria un misto di odori da volta stomaco. Evidentemente a loro piace cosi’.

Continuano a viaggiare i riscio’, qualcuno l’ha gia’ posteggiato e si e’ accovacciato a dormire vicino. Per strada vanno tutti spediti, bisogna stare molto attenti perche’ anche se vedono i pedoni, nessuno si ferma, ne’ macchine, ne’ moto, ne’ riscio’. Bisogna camminare a testa alta e stare attenti alle stanghe dei riscio’. Possono urtarti di punta e farti male.

I bambini ti tirano da ogni parte, ti vengono dietro anche per un chilometro e chiedono da mangiare. A volte gli do una rupia, a volte qualche biscotto, o banana avanzati. Per loro tutto va bene. C’e’ un uomo cieco (la pupilla e’ tutta bianca e sporgente) che canta a squarciagola, aggrappato ai suoi stracci c’e’ suo figlio, avra’ cinque o sei anni, qualche rupia riesce a recuperarla, fa tanta pena.

Oggi ho conosciuto una donna di Madrid, che e’ qui da dicembre. Ha avuto in adozione una bimba di quattordici mesi (pesa sette kg), era dalle suore di M.Teresa qua vicino. Sono anni che ha in ballo la pratica ed ora finalmente e’ sua, la portera’ a casa a fine febbraio. E’ figlia di una ragazza madre che l’ha abbandonata. E’ bella e vispa, piena di braccialettini come tutte le indiane. Mi diceva questa signora che ha scelto un’indiana perche’ anni fa suo marito era venuto qui a fare volontariato.

Le suore raccolgono i bambini dappertutto, a volte nascono prematuri e li buttano nell’immondizia e loro li prendono li’, oppure in qualche angolo della stazione. Pensa se ne trovassi uno io, cosa farei? Lo porterei alle suore.

2 Febbraio 2001.

Sono circa le 15,30, sono appena arrivata da Kaligat. E’ proprio vero che tutto il mondo e’ paese, la gente e’ uguale dappertutto. Questa mattina due donne (rimesse un po’ in forze , almeno riuscivano a camminare anche se a stento), volevano a tutti i costi andarsene, una suorina indiana, si vede che e’ proprio una del posto, che conosce bene le usanze loro, cercava di convincerla perche’ ancora troppo malmessa, soprattutto per le piaghe della pelle, ma questa urlava e si agitava perche’ capiva che non volevano farla uscire. Allora e’ intervenuta Tania, una dottoressa giovane americana, circa cento kg e 1,80 di altezza, anche bella. Ha usato le maniere forti, l’ha trascinata verso il letto nel camerone, la donna era a terra e si faceva trascinare e intanto si dimenava per cercare di svincolarsi; poi visto che non ci riusciva, con i suoi bei denti bianchi le ha morsicato forte la mano e l’altra ha mollato per il dolore. Allora la suorina le ha dato una borsa con qualche galletta e lei se ne e’ tornata in mezzo ai poveri per strada.

La ragazzina giovane non riesce a guarire, stamattina le due dottoresse (o infermiere) sembravano molto preoccupate, sembra abbia le braccia in cancrena, ed anche le mani sono gia’ a buon punto. Sembrava la scorticassero, le toglievano i pezzi di pelle marci poi l’hanno disinfettata tutta e poi tutta fasciata, e’ carne viva colore rosso e chiazze giallastre, sembra pus. Ha anche tutte le dita della mano fasciate, bisogna imboccarla. Io stamattina ho subito fatto fare il bagno a cinque o sei e poi riaccompagnate a letto. Me le prendevo in braccio senza fatica, pesano niente, tante non riescono piu’ a camminare a forza di stare accovacciate, hanno preso quella posizione e le gambe non si drizzano piu’. Dovrebbero fare fisioterapia ma dove, con chi? Mi hanno chiesto di fare camminare una che a me sembrava immobile nel letto. Non era normale, era come intontita, bloccata, non si muoveva assolutamente. La suorina indiana l’ha strattonata, l’ha tirata, le dava botte in testa perche’ dice che e’ li’ che deve sbloccarsi, schiaffi in faccia, ma non serviva a niente, era intontita sempre uguale. Pero’ sono riuscita a farle fare due o tre volte il giro del dormitorio, sempre tirandola, le sollevavo la testa per farla guardare in avanti, ma come io la lasciavo, la riabbassava. Guardava a terra ma senza fissare niente. L’hanno raccolta per strada, adesso almeno mangia, ma poi?

Non so cosa serve quel che faccio, ma e’ una goccia nel mare, ma pur sempre una goccia.

La cosa che mi fa piu’ senso e’ pulirli, ma ho capito che basta trascinarli dove ci sono i fossetti (come nella nostra stalla, quello che Walter chiama “il sughetto”) poi si butta una bacinella d’acqua e porta via tutto. Una volta alla settimana fanno bollire (sterilizzano) tutte le lenzuola (chiamiamole cosi’, ma sono pezze). Le coperte e le lenzuola vengono stese tutte sul terrazzo e sui tetti, i ragazzi, quelli con le gambe piu’ lunghe, saltano sui tetti circostanti e le passano ad asciugare. Sui tetti possono andare quelli che pesano meno di 40 kg.

Le donne chiedono sempre l’olio per la pelle, ci sono due ragazze che passano l’olio su tutte le parti del corpo, per quasi tutta la mattina. Dicono di stare molto attenti che qui c’e’ alto rischio di malattie, TBC tante, AIDS, e poi malattie della pelle, certe hanno la pelle a squame, bisognerebbe mettere i guanti, ma mi sembra di offenderli. Mi chiamano “Anti” , poi alcune mi parlano, mi parlano ma io le guardo e non capisco niente. Ce ne sono alcune proprio belle, ma hanno dei volti cosi’ sofferenti, non hanno neanche la forza di lamentarsi, sono sfinite. Chissa’ cosa passera’ nella loro testa, perche’ anche loro pensano, sono come noi.

Intorno a Kaligat ci sono tantissimi mendicanti, a mezzogiorno quando si finisce di distribuire il pasto, se rimane nel pentolone del riso, si esce fuori dalla porta e si da a chi c’e’ li’ intorno, tutti tendono le mani, e con le mani giunte fanno il loro segno di ringraziamento. In mezzo a tutti volano le cornacchie e beccano nella spazzatura (quindi dappertutto).

Oggi per pranzo c’era riso con solito curry e due pezzetti di pesce ciascuno ed un pezzetto di papaia. Danno tutto con le mani, tanto poi loro mangiano con le mani. La dottoressa (o infermiera) spagnola vuole che per mangiare si siedano in terra perche’ loro impastano tutto con le mani, sughetto e riso, e poi dopo aver bene impastato lo portano alla bocca e spesso versano sul letto che abbiamo appena cambiato in mattinata. Per loro non importerebbe proprio niente, tantomeno alle suore indiane, mentre per noi occidentali forse e’ meglio stare un po’ piu’ nel pulito.

Tornando a casa (=dormitorio), vedi per strada delle scene bellissime, ad esempio fuori da una specie di ufficio postale (dove la buca delle lettere e’ un bidone del nostro gasolio con una fessura tagliata a mano), ci sono due uomini seduti su uno sgabello. Davanti a loro un mini tavolino e sopra una macchina da scrivere che avra’ minimo cento anni. Vicino a loro, in piedi, una persona detta la lettera e quelli scrivono. Cioe’ scrivono le lettere per chi non sa scrivere; non so quanto si facciano pagare, ma di sicuro poche rupie. Poi sempre sulla strada del ritorno, nel suo sgabuzzino, sbuccia piselli per fare i loro sughetti; da una parte della panca lui sbuccia e, sempre nello stesso sgabuzzino, dall’altra parte della panca una capra (non legata) si mangia le bucce.

Le stradine di Calcutta sono strette, a destra e a sinistra tutte baracche, dentro ci vivono, tantissime specie di cabine telefoniche, tantissimi che vendono uva (tutta dello stesso tipo), melograno, banane e mandarini. E’ tutto molto pittoresco, sembrano tutti poverissimi.

Questa sera mi ha invitata la signora di Varese (credo si senta sola) a cena da lei. Sta in una pensione bella (paga circa 15.000 lire al giorno), poco lontano da qui. Ci andro’.

Dimenticavo: mentre tornavo qui, in una stradina c’erano un centinaio o forse piu’ musulmani in preghiera sul loro tappetino. Io camminavo veloce e a testa bassa, non me li aspettavo, quando me li sono visti davanti non sapevo piu’ cosa fare perche’ la stradina era tutta occupata da loro, poi mi sono guardata intorno, ho visto un indiano che e’ passato rasente al muro e allora sono passata anche io. Mi piacerebbe andare a vedere il posto dove ci sono i bambini abbandonati, ma adesso sono stanca, rimando ad un altro giorno. Forse e’ il caldo, ma mi sento stanca nel pomeriggio. Marco mi sembra un po’ in crisi, fa fatica, dice che non dorme; vicino a lui c’e’ anche un altro che russa forte, lui ha provato a muovergli il letto, ma dice che non e’ servito a niente. Non so perche’ ma mi viene spesso in mente Nino, e’ stato proprio bello il concerto fatto per l’India! Gli dico ancora grazie, anche se lui non mi sente.

3 Febbraio 2001.

Continua….