Viaggio di lavoro, l’altra faccia dell’India. Di Giorgio.
L’ultimo mio viaggio in India e’ stato un paio di anni fa, per lavoro.
Volo no-stop Francoforte – Delhi, caldo e zanzare all’aeroporto, autista tirato al meglio, con il suo cartello “Pelleri” seminascosto tra decine di altri, corsa di notte sino all’Hotel. Il solito, quattro stelle, che pero’ e’ passato da una tariffa di 50 dollari al giorno a 300, nel giro di un paio di anni: l’ India moderna ed industriale che cresce, anche nei costi…
Questa volta sono a Delhi perchè l’azienda in cui lavoro sta per festeggiare il primo anno della nuova sede, appena fuori Delhi, capace di ospitare 2000 dipendenti, tutti nell’area della Ricerca & Sviluppo. Il nostro presidente interverra’ e parteciperanno molte autorita’ indiane, contente di vedere tanti investimenti e nuovi posti di lavoro forniti anche da aziende non locali, insieme ad un importante trasferimento di know-how tecnologico.
La nuova sede e’ bella, moderna e quasi “occidentale”, con tre palazzine per gli uffici, un grande edificio mensa e auditorium, un verde e ricco giardino tutto intorno. Qui nessuno sputa, i bagni sono igienizzati, ci sono dappertutto distributori di acqua purificata, i pasti sono di buona qualita’.
Pero’. Pero’ attaccato ad uno dei lati della recinzione, quasi come una zecca nella pelle, si e’ instaurato e vive un piccolo slum. Per chi non e’ abituato, e’ veramente un pugno nello stomaco.
Catapecchie accatastate una sull’altra, bimbi nudi che giocano con i polli in mezzo all’immondizia, mucche che mangiano quello che trovano.
Mi dicono che non ci sono appigli legali per spostare questo slum; d’altra parte i rifiuti generati dall’azienda sono una “ghiottoneria” per i suoi abitanti; senza contare che spesso si attaccano abusivamente alla rete elettrica e all’acquedotto aziendali e “tirano” un po’ anche loro, peraltro in modo pressoche’ irrilevante, considerando i consumi a confronto.
E’ cosi’. Alla fine si accetta e si cerca di convivere.
Non proprio, o non sempre, pero’.
Infatti il giorno prima della cerimonia ufficiale, lo slum spari’. Pensavo fosse passato di li’ un angelo misericordioso e fosse avvenuto un miracolo.
Invece erano solo siepi e piante posticce, messe a bella posta tutto intorno allo slum, per nasconderlo provvisoriamente. Un lavoro incredibile come velocita’ di esecuzione e risultato.
Cosi’ il giorno della festa il nostro presidente non vide nulla, nessuno dei politici vide nulla – anche se forse loro sapevano – grandi discorsi e strette di mano; tutto ando’ perfettamente bene…. neanche un pollo infiltratosi oltre le barriere…
Lo slum ricomparve il giorno dopo, appena rimosse le piante. Attaccato alla recinzione, con i suoi bambini che giocano nell’immondizia e squallore ovunque. Tutto come prima.
Non proprio, forse.
Almeno nel mio cuore.